RIFORMA CARTABIA: Rimessione al giudice di primo grado, abrogato l’art. 353 c.p.c.

A causa dei ritardi che comporta la rimessione della causa dal giudice di appello a quello di primo grado, si è scelto di limitarla alle ipotesi più gravi di violazione del contraddittorio, confermando quelle oggi previste dal primo comma dell’art. 354 c.p.c. (nullità della notificazione della citazione introduttiva, mancata integrazione del contraddittorio, erronea estromissione di una parte, nullità della sentenza di primo grado per mancanza della sottoscrizione del giudice) ed eliminando il secondo comma della stessa norma per l’ipotesi di riforma della sentenza di primo grado che ha dichiarato l’estinzione del processo. 

Nel caso in cui il giudice abbia disposto la rimessione al primo giudice, le parti dovranno riassumere il processo nel termine perentorio di tre mesi dalla notificazione della sentenza (art. 354, comma 2, c.p.c.).

La legge non chiarisce cosa succeda se la sentenza non viene notificata, o meglio da quando, in questa ipotesi, decorra il termine per riassumere: una possibile soluzione sarebbe quella di applicare per analogia (o estensivamente) il c.d. termine lungo ex art. 327 c.p.c., ossia decorsi sei mesi pubblicazione della decisione di appello.

A seguito della soppressione dell’art. 353 c.p.c., il giudice di appello che riconosca la giurisdizione negata dal primo giudice non potrà più rimettere a questo gli atti, ma dovrà decidere la causa nel merito, procedendo anche alle attività che non si siano svolte in primo grado.

È stato anche modificato l’ultimo periodo dell’art. 354 c.p.c., con la previsione che il giudice di appello ammette le parti al compimento di attività che sarebbero precluse, quando questa esigenza discende dalla necessità di ripristinare il contraddittorio.

Il giudice, infine, ordina, quando possibile, la rinnovazione degli atti a norma dell’art 356.

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