La presunzione legale assoluta della natura pubblicitaria e non di rappresentanza delle spese di sponsorizzazione

Lo studio CDF avvocati associati si è occupato della complessa tematica della qualificazione delle spese di sponsorizzazione come spese di pubblicità o di rappresentanza e della relativa deducibilità e detraibilità delle spese

Brevemente, le spese pubblicitarie sorgono sulla base di un contratto bilaterale a prestazioni corrispettive in forza del quale lo sponsor si impegna ad erogare pagamenti in denaro o in natura per la prestazione e il soggetto sponsorizzato si obbliga a pubblicizzare il prodotto o il servizio, mentre le spese di rappresentanza servono solamente a promuovere l’immagine dell’impresa e sono a titolo gratuito.

Il regime di deducibilità è diverso per le due categorie: le spese di pubblicità sono deducibili al 100%, mentre per quelle di rappresentanza la totale deducibilità è prevista solo per le spese valore inferiore a 50 euro mentre oltre tale limite vi sono percentuali di deducibilità ridotte.

Nella fattispecie concreta, lo studio si è occupato di una controversia relativa ad un’impugnazione di un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle entrate nei confronti di N.C. (titolare di un’impresa individuale avente ad oggetto la vendita all’ingrosso e al dettaglio di bevande e bibite), con il quale venivano disconosciuti i costi di sponsorizzazione sostenuti nell’anno 2011.

Il sig. N.C impugnava l’avviso di accertamento dinnanzi alla CTP che accoglieva il ricorso. L’Agenzia delle entrate proponeva appello alla CTR che rigettava l’impugnazione, ritenendo applicabile per tali costi il disposto normativo di cui all’art 90 della legge n. 289/2002.

Tale disposizione prevede infatti che “Il corrispettivo in denaro o in natura in favore di società, associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonché di associazioni sportive scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciuta dalle Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva costituisce, per il soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a 200.000 euro, spesa di pubblicità, volta alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario”.

A questo punto, l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso avverso la sentenza della CTR dinnanzi alla Corte Suprema di Cassazione, deducendo la violazione e falsa applicazione dell’articolo sopra richiamato e sostenendo che non sarebbe applicabile all’IVA ma solo alle imposte dirette.

La tesi sostenuta dagli avvocati dello studio si fonda sull’interpretazione secondo cui l’erogazione posta in essere dal sig. N.C. rientra pienamente nel suddetto dettato normativo e pertanto i costi che ne derivano andrebbero qualificati come spesa di pubblicità, con la conseguenza che i relativi costi risultano legittimamente deducibili.

Più precisamente, gli avvocati dello studio sono riusciti a dimostrare in giudizio che:

  • Il soggetto sponsorizzato era una compagine sportiva dilettantistica (ACV e WRT).
  • Era stato rispettato il limite quantitativo di spesa.
  • La sponsorizzazione mirava a promuovere l’immagine ed i prodotti dello sponsor incrementando la visibilità della sua attività.

Ebbene, i giudici di legittimità, con l’Ordinanza n. 35941/2021, confermando la statuizione della sentenza d’appello e recependo integralmente la tesi portata avanti dallo studio, hanno ritenuto che in presenza di tutte le sopra indicate condizioni, le spese di sponsorizzazione di cui all’art 90, comma 8 della l. n. 289 del 2022 sono assistite da una “presunzione legale assoluta” circa la loro natura pubblicitaria e non di rappresentanza.

Dott.ssa Anna Catalano

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